Addio – sulle tracce di Dioniso 2005 – recensione di Alfio Petrini (teatrototale.it)
Nella piazzetta San Giuseppe da Copertino, circondata da case bianche squadrate, Marcello Sambati ha dato il suo Addio – Terza Lezione delle Tenebre. Di fronte alla casa del santo del volo la danza spaziale si rivela fremente d’interiorità. Domina un incancellabile equilibrio precario. Unica certezza: la terra è senza cielo. Il sangue vuole uscire dal corpo. Si trasforma in pensiero. Segna il passaggio dalla pesantezza della carne alla leggerezza del corpo fosforescente, a significare l’abbandono degli involucri e delle superfici in una prospettiva di ricerca dell’essenza profonda e misteriosa delle cose. Nella tenebra non c’è pessimismo e psicologismo esistenziale. Non c’è visione della morte. C’è cognizione del dolore, certo, ma non c’è nichilismo. Del resto solo nel buio appaiono alcune scintille di luce. E non c’è personaggio nella performance d’attore. Sambati al termine del viaggio desidera lasciare la notte ad altri viaggiatori, essendo ormai più vicino al niente. Non al niente dell’amore a cui si sopravvive. Al niente che è più dell’amore che si dice. Il niente che ha la natura preziosa dell’indicibile. Il niente del tuttovuoto/tuttopieno dell’atto d’amore della creazione artistica. Il giorno dopo della lezione, all’artista pugliese è stata consegnata la targa del Primo Premio Apollonio e una gigantesca bottiglia di vino dell’omonima Casa Vinicola, nel corso di un evento svoltosi in una vigna profumata tra Copertino e Carmiano.
Alfio Petrini
(teatrototale.it)
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