che qualcuno ascolti, che qualcuno sia: il documentario – di Kinobroz (agosto 2008)

Il lavoro di darkCamera extra con ragazzi e ragazze diversamente abili nella provincia di Viterbo va avanti da anni. Nel Febbraio 2007 abbiamo cominciato come KinoBroz a raccogliere materiale partecipando agli incontri settimanali di Tuscania.
Ogni martedì alle 9:00 un piccolo bus blu si ferma davanti alla porta di legno dello spazio in via della Lupa. Simona, Michela, Stefano, Paolo, Anna, Fabio, Roberto e Laura scendono ordinatamente accompagnati da Giovanna e Monica, e salgono diretti al primo piano di quell’ex magazzino dove Marcello Sambati li aspetta impaziente e gli da il benvenuto con un po’ di musica. Virgilio e Francesco sono arrivati col pullman poco prima e sono già su. Oggi però ci siamo anche noi, e la telecamera. Virgilio e Francesco sono i più curiosi e chiedono che ci facciamo li. Simona vuole essere la prima ad essere ripresa, Fabio vuole sapere “che mi scrivo”.
Dopo l’appello tutti si siedono in semicerchio e aspettano indicazioni. Marcello cammina pensieroso sulla grande pedana di legno della sala cercando gli oggetti e gli strumenti con cui i ragazzi “tenteranno” oggi. C’è una cassa di ferro, una barchetta di carta, un naso da clown, una sedia, un vestito da sposa. Uno alla volta i ragazzi e le ragazze salgono sulla pedana e sono al centro della scena. Ripetono ciò che hanno provato la volta precedente altrimenti Marcello ricorda loro le parole, gli indica il gesto, che torna. E’ tutto pronto. Parte la musica, chi è in scena può iniziare, e gli altri osservano, compresi noi. Pensavamo avremmo influenzato la quotidianità del laboratorio e invece ognuno esegue la sua performance come al solito dialogando con gli oggetti, con la luce, con la musica, tentando una relazione autentica che gli è troppo spesso preclusa. Gli occhi esterni che li osservano non sembrano disturbarli, tanto meno gli scatti di Daniele Vita, fotografo di scena che li segue ormai da tempo. Ognuno di loro si mostra agli sguardi del “pubblico” in maniera disinvolta, da attori e attrici consumati.
Il lavoro dura due ore. Due ore in cui tutti hanno la possibilità di farsi guardare e di farsi ascoltare come recita il titolo del progetto, di esprimersi liberamente come individui ma collettivamente come compagnia, di ritagliarsi uno spazio sulla scena, di trovare una dimensione diversa da quella di tutti i giorni. Una dimensione aperta in cui nessuno giudica, definisce, corregge. Due ore in cui si guardano e si ascoltano a vicenda, in cui anche noi abbiamo tentato di guardare, ascoltare e registrare questa rappresentazione “senza partiture predefinite, né parti da assegnare”. Quello che si offre all’obiettivo della telecamera è una serie di brevi apparizioni, di quadri, di momenti di luce, parole e musica in cui i ragazzi si sentono perfettamente a loro agio.
Siamo tornati più volte quei martedì di laboratorio, facendo anche il viaggio nel piccolo bus blu che prende su i ragazzi da Tarquinia, Canino, Piansano e Tuscania e come la prima volta abbiamo avvertito in loro la convinzione e la volontà che ci mettono nel fare teatro e un forte senso del compito, “come fosse quasi un lavoro”. Come fossero consapevoli dell’unicità di quel momento, di quell’occasione di essere.
Il documentario racconta l’esperienza di laboratorio a cui abbiamo assistito in via della Lupa, i rapporti tra i ragazzi, le loro performance, il lavoro e le parole di Marcello, i momenti di tensione e le esplosioni d’affetto; dalle prime prove allo spettacolo-prova aperta al Teatro Rivellino di Tuscania. Abbiamo cercato di trasmettere quello che abbiamo provato durante le riprese, privilegiando il documento e la testimonianza alla correttezza e alla pulizia dell’immagine.
Alla fine dello spettacolo di Tuscania Francesco e Virgilio volevano sapere quando sarebbe stato proiettato il “film” e noi gli abbiamo risposto che sarebbero stati i primi a saperlo. Ora che il montaggio è terminato organizzeremo una serata con i ragazzi e le ragazze della cooperativa Alice per una prima proiezione. Chissà se si ricordano di noi e soprattutto se si riconosceranno sullo schermo.

KinoBroz

agosto 2008


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