Danze locuste – recensione di Marco Palladini (radiorai international)

Ci voleva uno degli ultimi veri sognatori e utopisti di teatro, Marcello Sambati, per aprire un nuovo suggestivo spazio scenico alla periferia della capitale. Campo Barbarico è un grande capannone di 350 metri quadri da area industriale dismessa situato tra l’Appia e la Tuscolana nella zona, praticamente tutta abusiva, di Tor Fiscale, e prende nome dal fatto che lì un giorno, circa 16 secoli fa, si accamparono manipoli di barbari invasori decisi ad assediare Roma. Ma la qualifica di barbaro ben si addice a Sambati, da sempre straniero ovvero estraneo al teatro di convenzione, ma anche al teatro di ricerca più addomesticato. Ne è l’ennesima riprova Danze locuste, lo spettacolo con cui Marcello ha voluto inaugurare la sua nuova “casa teatrale”.

Un lavoro dove teatro di poesia e teatro del corpo si fondono con naturalezza e purezza. Sambati fa scivolare i piedi sulla pedana di legno, mentre i suoi gesti ora spezzati, ora astratti, ora avvolgenti mimano le mosse di un ipotetico, danzante insetto antropomorfo. Poi con le mani, le braccia, il torso nudo sfiora o tocca con palpeggiamenti quasi innamorati i muri di mattoni a secco, e intanto dal tetto di tegole non ancora insonorizzato filtrano echi di aereoplano, rumori della strada, voci coatte. Ma i liquami del reale non turbano la concentrazione dell’attore che recita con voce intensa e quasi ieratica i suoi brevi versi, sospesi haiku dello spirito:

«Pensami scalzo / nelle mie danze locuste / a baciare la terra / e i fiori lumi, tue icone»; «Le parole come scie / di spose passano sul cuore, / nient’altro è apparire»; «Nell’encausto della gioventù / su labbra di madonne riversai / il mio amore».

Se la poesia di Sambati è l’arma di un samurai in lotta contro il degrado, Campo Barbarico è allora un nuovo luogo di resistenza artistica a Roma. Viva.

Marco Palladini

RADIORAI INTERNATIONAL

Trasmissione “Studio Azzurro – Dossier”


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