versi scritti per disdire – recensione di Giulio Marzaioli (tellusfolio.it)

Ancora per le edizioni de La Camera Verde (cfr. “vie d’uscita” n. 2) è realizzato un raffinato volume in versi ed immagini, per opera di Marcello e Romano Sambati.

Marcello Sambati, artista il cui impegno e la cui ispirazione rappresentano un esempio nella  c.d. “area di ricerca”, soprattutto in ambito teatrale, si esprime nelle pagine di questo libro nella dizione a lui più congeniale: la poesia. Tuttavia l’impressione di lettura è resa maggiormente intensa avendo visto Sambati nello spazio scenico: si immagini una scena spoglia, illuminata da tagli bassi che vanno a sottrarre dal buio il corpo dell’attore, cassa di risonanza per voce e arbitro di gesti minimi. Si possono quindi raccogliere, uno ad uno, i lacerti di una lenta muta, raccolti per non dimenticare che la stagione si afferma quando sta per cambiare. Il corso naturale, il tempo che attraversa e segna sulla pelle – come fosse corteccia – un nuovo intaglio è misura al verso (la voce si umilia, si macera,/per salvare qualche sillaba dal nulla). L’autore appresta un bagaglio di parole che evochino un paesaggio mentale necessario alla prosecuzione, per muovere passi/verso un altro inverno. Sennonchè niente di ciò che è detto si trova “a vista”. L’oggetto percepito è trasfigurato nella memoria, è già smaterializzato nel momento primo della percezione. Così la parola diventa ultima e definitiva forma di sottrazione. Sambati può confessare: io dico per disdire, perché nel nominare le cose determina la loro assenza. Assistiamo ad uno slittamento della funzione del linguaggio che, anzichè comunicare, celebra una sorta di rito: viene allestita una processione in versi per la recita della propria scomparsa e ciò accade perché sia svelata l’illusione. Sottrarre  tutto significa sottrarsi all’apparenza: quando tutto è perduto/il nulla è più distante.

A dialogare con i versi di Marcello Sambati le illustrazioni di Romano Sambati, fratello dell’autore, che vanno a tracciare profili di una figura umana assunta a presenza lunare, testimone di una seduzione obliqua. Il tratto sfiora appena il bianco del cartoncino e viene interrotto/compiuto dalla presenza materica (terra, argilla, garze….) che, se da una parte accoglie il corpo del disegno, dall’altra confonde la presenza di una forma che diviene concrezione. Questa alterazione della superficie piana, anziché appesantire la figura, ne sfuma la linea tanto quanto il tratto, inciso sulla materia, viene in rilievo meno del carboncino o inchiostro posati sul foglio.

È infine da sottolineare la traduzione dei testi in inglese ad opera di Kim Sambati, già impegnata ad offrire la propria formazione di linguista anglosassone a servizio dei testi paterni, a chiudere una trama che sublima il legame di sangue in un tessuto di raro equilibrio tra tenuta e trasparenza.

 Giulio Marzaioli

 

 

Marcello Sambati

Sul cammino dei passi brevi

La Camera Verde

€ 25,00

 11 giugno 2008

 

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