Dall’oscurità – recensione di Marco Fratoddi (Primafila)

La linea d’ombra è il segno che appartiene per eccellenza al teatro di Marcello Sambati. Una linea sottile, evanescente, seduttiva, che attraversa per intero la ricerca ultra ventennale di questo artista dal corpo minuto e la voce sommessa…Dall’oscurità si sviluppa a bordo di una lastra nera…un riquadro sistemato di fronte al pubblico, inclinato di circa quarantacinque gradi, nel quale si iscrivono i movimenti di un uomo che alza verso il cosmo, o verso l’inferno, il proprio lamento esistenziale. Qualcosa di simile a un monolito, venuto chissà da quale dimensione, sulla cui superficie sono le mani, come in un’arrampicata d’alta quota, a svolgere la fatica più grande: cercando l’appiglio giusto per non scivolare nel baratro…Alla continua ricerca di un posto al buio, di uno spigolo vuoto, di una linea d’ombra oltre la quale perdersi per sempre. Eppure la ricerca di Dall’oscurità, che segna il punto d’avvio di una serie di lezioni sul tema, coinvolge anche altri linguaggi. C’è innanzitutto la voce, con il gioco inquietante dei borborigmi, delle fonazioni, delle risonanze che investono le corde vocali come in un lamento agonico. E c’è la parola poetica che Sambati porta in scena con tutto lo spessore filosofico che deriva dalla frequentazione di Edmond Jabès…

Marco Fratoddi. Primafila.