E all’improvviso il filo elettrico si trasformò in un grande attore – di Andrea Ciullo(Paese Sera 1980) – Nature di Marcello Sambati – La Fede di via Sabotino

Che prima o poi Marcello Sambati doveva realizzare un suo grande spettacolo ne ero sicuro sin dai tempi del suo esordio come regista di ricerca: tre anni fa, credo, in una galleria d’arte in via Margutta, dopo aver militato in una cooperativa teatrale, come attore e tecnico di riguardo, perché pochi, ho il sospetto, conoscano i materiali come Sambati li conosce e pochi li lavorano come lui, con grande amore e passione. Mai prima d’ora però Sambati era riuscito a trasmetterci questa sua naturale vocazione al teatro e a un lavoro artigianale sul teatro, minuzioso e paziente. Nei suoi precedenti spettacoli tutto questo non veniva fuori, c’era sempre qualcosa che non andava, qualcosa di troppo che nascondeva quello che di bello c’era e Sambati ha fatto davvero fatica a inseguire i suoi compagni di strada, a fare proprio il loro discorso fino ad arricchirlo di prezioso contributo. Ebbene la cosa straordinaria è che una piccola rassegna come questa di via Sabotino dà l’occasione a Sambati di venire fuori come un leone (l’ho detto), di uscire finalmente dalla sua prigione (ne ha davvero una in via dei Campani) ma per costruirne un’altra poi, non simbolica direi ma ugualmente visionaria e avveniristica e tuttavia con il freddo calcolo e il soffice vuoto di un paesaggio lunare.
Nello spettacolo naturalmente il paesaggio non è precisato e si possono avanzare tante ipotesi: un’immagine riflessa oppure lo specchio di una immagine riflessa, un fotogramma di una dozzina d’alberi così come si presenterà da qui a qualche migliaio di anni, oppure l’esposizione o se si preferisce l’installazione di quegli alberi.
“Nature” è dunque una misura suscettibile del tempo e del futuro, del rovescio, del contrario, e dell’esplorazione del rovescio e del contrario, in un momento poi di grande necessità, di reale bisogno di queste prove, e in un momento in cui tutta l’avanguardia (e oggi Sambati dopo questo spettacolo occupa nell’ambito dell’avanguardia un posto di prim’ordine) soffre di gravi disagi a portare avanti il suo discorso e sacrifica la ricerca per inserirsi in un altro segmento del mercato, più inquinato ma anche più redditizio.
“Nature” è anche però il risultato di una cifra poetica che in questo spettacolo trova finalmente il suo punto di forza. Lo stanzone della Fede lievita, bombardato dolcemente. Assistiamo in piedi tutt’intorno a delle lastre di latta che ritagliano il pavimento d’asfalto del teatro, la superficie lunare, o magari la volta del cielo rimanendo lo spazio della scena. Difatti siamo in una situazione tipica del teatro, di fronte cioè a un evento al quale parteciperemo  da estranei e che subito dopo da estranei giudicheremo.
E tuttavia quell’evento nuovo a noi estraneo, quel ragionamento ottuso di Sambati (dico ottuso perché Sambati come molti altri suoi colleghi parla di analitico senza sapere nulla di un metodo di indagine analitico e parla di scienza, solo per aver letto qualche articolo su una rivista o solo per averla sfogliata) e tuttavia quell’evento ci prende sin dall’inizio dopo il primo segnale luminoso. Ecco il piccolo miracolo compiuto da Sambati: aver ridotto il mito a segnale luminoso, un filo, una resistenza elettrica trasformata in attore, protagonista della scena. E dovreste vedere come parlano tra loro quei fili, quegli alberi, come prende corpo quel paesaggio, quella natura, come sembrano ascoltare le nostre sensazioni, misurarle nel tempo, nel giro dell’esplorazione, mentre compiamo, ognuno di noi, il nostro viaggio fantastico. Marginali invece le proiezioni di diapositive (peraltro bellissime) sulla parete che trovo estranee al discorso di Sambati per nulla metropolitano, ma asettico, gelido, conservato nella ghiacciaia. Un piccolissimo appunto agli organizzatori di via Sabotino. Gli orari degli spettacoli dovrebbero essere rispettati. Si rischia di finire troppo tardi la sera, o come nel caso di ieri, di dover dare due spettacoli in contemporanea e questo è contrario allo spirito della rassegna. Qualcuno ieri si è lamentato di non aver potuto assistere allo spettacolo di Sambati.

Da Paese Sera 7 settembre 1980