Prototipi Light Mathematic Vision – recensione di Claudio Siro (La Ribalta, 1980)

Marcello Sambati e il Teatro degli Artieri sono stati molto attivi in questi ultimi anni, al centro e alla periferia, con una serie di ricerche sugli oggetti e sugli effetti della luce in senso più specificatamente teatrale. Ricordiamo l’attività di questo gruppo alla Marconquarta, una galleria di via Margutta tutta lanciata sulla via dello sperimentalismo e della ricerca, dove abbiamo assistito a due spettacoli, nel 1977 Affrica e nel 1978 Macchine celesti. Già in quegli esperimenti traspariva l’originalità di una creazione tutta tesa a proporre nuovi concetti attraverso l’impiego di materiali foggiati per uso diverso, ma sempre con un senso molto vivo e innato di un ideale di bellezza da rappresentare. Ricordiamo, poi, lo spettacolo estivo fatto soprattutto al Parco degli Acquedotti, in collaborazione col Comune. Qui la presenza dei ruderi romani distoglieva un poco l’attenzione dal rigore geometrico delle invenzioni luministiche. E’ soprattutto negli spettacoli presentati al Beat 72, l’anno scorso, che le doti del nostro autore hanno avuto la loro convalida, attraverso la espressione sofferta di un mondo inquinato, soggetto alla distruzione nella rappresentazione con oggetto vivente  posto, durante la passata stagione teatrale, nell’inverno, e il mondo materico ed etereo di quest’ultima performance. Egli scrive in proposito “Sto cercando, nella realizzazione di Prototipi, la determinazione della luce. La luce è l’elemento magico elementare. Essa ci dà i corpi e i ritmi, ci sposta nello zero, riduce la quantità di niente”. Le graziose immagini luminose si alternano nella saletta fumosa del Beat con la grazia spontanea di un gioiello di artigianato berbero…Ripetiamo quasi trasognati le parole di Wittgenstein: “Chiamalo un sogno. Non cambia nulla”.

Da La Ribalta, mensile di cultura e spettacolo  anno V n.1/2 -1980