sul cammino del poeta – di Kim Sambati

pensieri su Il cammino dei passi brevi

Il sole è debole, il suo calore è evocato come un ricordo, una parentesi della vita. la sensazione predominante è quella dell’umido e dell’acqua che scorre e che a poco a poco scioglie la terra e macera le piante. Ora anche i versi scorrono e il poeta non vuole ostacolare il lettore che beve queste poesie, inserendo qualche trabocchetto.
La stagione di queste poesie è l’autunno, leggendole ci porta a muovere passi / verso un altro inverno.
Il poeta è dentro le cortecce, nelle chiome piegate dal vento, nell’insetto che scava il legno. La natura ci parla direttamente attraverso le sue poesie
Si muove invisibile con passi lenti e corti nell’oscurità: un’ombra, forse due, nella notte rischiarata, si odono il suo respiro e i suoi sospiri.
È incessante il suo movimento, però all’osservatore attento non sfuggono delle tracce sul sentiero battuto, il poeta non è ancora sparito, ancora si sente pesante mentre il corpo lavora alla sparizione .
Anche della natura è impellente il bisogno di disfarsi, i frutti fatui si macerano all’arrivo dell’inverno e le pietre di fango si dissolveranno con le prime piogge. La terra riprenderà tutto questo; anche le parole una volta dette si macerano come qualsiasi elemento. Qualche sillaba ne resterà raggrumata in un dislivello del terreno, come una bacca caduta.
E’ la stagione che liquefa la terra spaccata, distende le vertiginose crepe aperte dall’estate. Questo è il punto della notte, del fango, del vento, della luce flebile e dell’acqua che torna a scorrere. I linguaggi della natura cercano di trasformarsi in parole. Anche le parole sono liquide, evaporano, sono lievi, trasportate dal vento. Tutto è fatto per passare, sparire non essere più e non c’è tragedia.
Il poeta è passato di qui, tracce di fango sull’erba, rami spezzati di biancospino. Non è sparito, si fa portatore di messaggi inascoltati e nascosti e preferisce affidare le sue parole al complice merlo.


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