Una ricerca ardente, workshop Università Roma Tre 2020

abstract:

L’essere si dispiega in palpiti e luce con la voce dell’Io intorno a un Tu luminoso, orientandosi a
vuoto, cambiando direzione, sempre cercando, con ostinazione, nella propria irripetibile forma di
vita, giocando con slanci e lacerazioni le infinite possibilità che l’esserci contiene, muovendosi tra le
cose del mondo, danzando nel proprio corpo, ombra e fiore. Nella continua mutazione del vivere
tutto tende ad una forma come opera di vita. Ogni corpo, trascendendo la propria effimera evidenza,
appare nell’unicità della propria figura. L’intimità, raccolta in disegni e aspirazioni segrete, vuole
manifestarsi ma non sa orientarsi verso una completa visibilità. Attraverso una ricerca libera da
condizionamenti e illusorie aspettative, il laboratorio intende risvegliare la passione di sé come
forza creativa per ogni percorso possibile.

lezione 4:

Il teatro buio e vuoto

Bui e vuoti, da qualche tempo, tutti i teatri del mondo: penso al teatro che ho sempre abitato, che è sempre stato buio, anche quando tutti gli altri erano illuminati.

Il buio, in teatro, è la condizione che permette ogni possibile apparizione, ciò vuol dire che se il teatro è illuminato non può esserci alcuna apparizione. Giacché è l’apparizione in sé che illumina il luogo, lo spazio teatrale.

Che vuol dire che l’apparizione illumina? L’apparire è di per sé illuminante, e allo stesso tempo illuminata dagli sguardi. Ogni apparizione ha queste due qualità d’esistenza. L’apparizione non è che pura luce, elemento condensato in visione, insieme illuminata e illuminante.

Nell’oscurità di un teatro non è l’apparato illuminotecnico che illumina la scena, che dà corpo alla visione, ma la visione che dà luce al teatro. Questo è il senso della duplice qualità dell’illuminazione. Non è forse ciò che accade nell’interiorità di un essere quando si dà un’illuminazione, non diviene egli illuminato e illuminante?

Potremmo definire il teatro luogo dell’illuminazione, dandosi in esso questo duplice fenomeno.

Quindi ogni visione illumina e compone la scena, la determina e la materializza.

Dunque oggi penso al mio buio teatro, avendolo sempre praticato dall’interno dell’oscurità (gran parte del mia ricerca teatrale nasce da questa dimensione dell’essere). In questi giorni in cui sono al buio, i teatri hanno trovato la loro natura originaria. Di essere l’Oscurità.

Se torniamo alla visione teatrale come visione illuminante, come può il teatro del nostro tempo essere qualcosa che illumina essendo esso intrattenimento, spettacolo, manifestazione mondana e, nel suo migliore momento, riflessione sui problemi della società? Come può essere illuminazione?

La società ha cambiato per sempre la relazione tra le persone e la loro origine, esse non hanno più un origine. La società, avendo sostituito da molto tempo la comunità, non ha bisogno del teatro, che

è un fenomeno originario. C’è una contraddizione. La contraddizione è il teatro stesso. Contraddice la sua stessa funzione.

In origine il teatro non era comunicazione, riflessione, analisi dei problemi della comunità, non era nemmeno la messa in discussione di questi fenomeni. Era pura festa, abbandono, condivisione della propria delirante interiorità. Il luogo del teatro era il luogo della perdita dei sensi e dell’identità, dello scioglimento di ogni legame tra gli individui e tra essi e la comunità, era forse contro la stessa comunità. Puro atto individuale di abbandono, godimento e strazio per il proprio destino di essere mortale.

La natura invadeva l’essere, lo possedeva con le sue forze liberatrici. La condivisione si dava come partecipazione comune all’oscurità dell’essere, con l’animalità, la ferocia e la gioa di esistere. Era la festa del’essere e del sentirsi vivi.

In realtà questo mette in scena la tragedia, questa impossibilità del teatro stesso. Per questo in ogni tragedia i conflitti sono insanabili, giacché la natura è conflitto irrimediabile: tenerezza e violenza, cannibalismo e dolcezza, rinascite, sopraffazioni, ecc. Vita e morte. Il teatro aveva questa necessità, e nessuno poteva guardare senza partecipare. Quando ciò non è più stato possibile né necessario, si è cominciato a rappresentare questa impossibilità. Quindi il teatro rappresenta la propria stessa impossibilità.